Prof. Paolo Pancheri
"Non chiudere… quella porta è sempre aperta" diceva a chi, uscendo dal suo studio all’Università – studente, visitatore o professore – la accostasse. Questa frase che mi colpì, abituato all’epoca a docenti molto meno disponibili, ricorda, meglio di mille parole, la sua attitudine e la sua mentalità sia nella vita scientifica che in quella di ogni giorno. Paolo Pancheri, Ordinario di Psichiatria presso la 1a Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Roma “La Sapienza”, già Primario del Servizio speciale di Medicina psicosomatica e psicofarmacologia, era Direttore della Scuola di Specializzazione in Psichiatria, Presidente della Società Italiana di Psicopatologia (SOPSI) e della Fondazione Italiana per lo Studio della Schizofrenia (FIS). Una persona centrata sul valore e sul lavoro, dal carattere leale, diretto, deciso, con un’autorevolezza pacata e naturale, di grande umanità, medico apprezzato dai pazienti, docente di elevata statura e mai convenzionale, formidabile organizzatore di eventi e di attività, amante dello studio e dell’impegno, aperto all’innovazione, con un senso dell’umiltà e della grandiosità stranamente miscelati, capace di raccogliere intorno a sé e tener in contatto tra di loro persone dai differenti profili umani e professionali. La sua storia si intreccia con quella della Psichiatria italiana degli ultimi decenni. Molti sono rimasti profondamente colpiti e addolorati dalla sua prematura scomparsa. Come clinico era affascinato dallo studio delle grandi “sindromi” nei classici della Psichiatria ma, al tempo stesso, seguiva l’evolversi continuo delle nuove frontiere: riusciva a leggere decine e decine di articoli al mese ed era sempre informato delle ultime notizie di ricerca. Questo interesse era strettamente unito al desiderio di riuscire a capire per curare meglio: nelle discussioni e negli scambi di idee con lui, sempre rimandava a questo. Nella tradizione più forte dell’arte di essere medico, insegnava il profondo rispetto del malato come persona cui erano destinati i nostri sforzi per affrontare la sofferenza. Era un docente stimato, capace di lezioni di forte chiarezza in cui la passione per la Psichiatria era tale da aver chiamato a questa disciplina, negli anni, numerosi studenti, ora stimati specialisti. Era apprezzato nei congressi per le capacità di sistematica e di sintesi, per il coraggio di esprimere sempre un’opinione critica autorevole, di sfidare e provare a ribaltare dogmi. Era apprezzato anche da psichiatri di orientamenti diversi perché capace di guardare al di là delle consuetudini, delle scuole, non risparmiando la sua fine capacità critica per nessuna teoria.
[…] Come membro della comunità universitaria aveva un atteggiamento costruttivo, pronto nella collaborazione e nella realizzazione di progetti, senza aver mai dedicato neanche una parte minima delle sue energie a ostacolare o bloccare qualcuno o qualcosa, semmai impegnandosi nella competizione e nel raggiungimento di obiettivi che riteneva più validi. Persona schietta, diretta, per nulla propenso a trame, accordi nascosti, discorsi indiretti, dissimulazioni. Ha insegnato la filosofia del valore come punto di riferimento, sia verso i collaboratori che verso le sue opere, i corsi, i libri. Una mentalità antica, che la sua parte di natura quasi “montanara”, come ogni tanto ricordava a proposito delle sue origini familiari, imponeva nella fatica nel conquistare gli obiettivi, nello sforzo duro di un lavoro continuo, senza pause e scorciatoie.
Tratto da:
Ricordo di Paolo Pancheri, Massimo Biondi
Rivista di psichiatria, 2007, 42, 5 298.